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Agrobiodiversità per affrontare il caos climatico

Qualche anno fa, leggendo il testo “Biologia come ideologia” (di  R.C. Lewontin) rimasi colpito dalle valutazioni critiche sul vantaggio produttivo degli ibridi di mais: all’Università ci avevano insegnato che gli ibridi di granturco erano molto più produttivi delle tradizionali cultivar grazie alla scoperta del vigore ibrido, ottenuto incrociando le linee pure di mais selezionate.

L’Autore faceva presente, anche se non li citava, i lavori di ricerca teorica e applicata da cui è risultato che “La natura dei geni che esercitano una influenza sul raccolto di granturco è tale che funzionerebbe anche il metodo alternativo della semplice selezione diretta di piante a elevata produttività per ciascuna generazione e la propagazione dei semi da queste piante selezionate. ” (1)

In base ad una notevole mole di dati, due ricercatori Delphine Renard e David Tilman, hanno dimostrato che :” ad una maggiore diversità di colture a livello nazionale corrisponde una maggiore stabilità temporale dei raccolti. Lo stesso lavoro dimostra l’effetto destabilizzante sulle colture della variabilità delle precipitazioni e delle temperature.” (Analizzando  le produzioni di 176 colture in 91 paesi dal 1961 al 2010). https://salvatorececcarelli.wordpress.com/2019/07/09/portafogli-vegetali/

Le piante geneticamente identiche hanno tutte lo stesso tallone d’Achille ed è per questa ragione che, se un parassita riesce ad attaccarne una, avrà la possibilità di espandersi esponenzialmente riducendo drasticamente la produzione; la stessa cosa avviene con il cambiamento climatico in atto.

A questo proposito è ormai evidente la maggiore imprevedibilità delle temperature e delle precipitazioni che non seguono più i tipici andamenti stagionali: un esempio è dato dalle precipitazioni nevose che fino a qualche decennio fa, in inverno, ammantavano la dorsale appenninica calabrese assicurando una maggiore disponibilità di acqua nel periodo estivo. Sono più frequenti eventi meteorologici anomali come inverni molto asciutti, prolungata calura estiva con temperature più elevate, improvvise escursioni termiche ecc. .

Ovviamente le colture agrarie cercano di adattarsi ma con la rivoluzione verde in agricoltura, il paesaggio agrario è caratterizzato da poche specie e da varietà geneticamente uniformi coltivate su vaste superfici che sono molto suscettibili alle numerose avversità.

Per ovviare a questo svantaggio si possono coltivare più specie agrarie aumentando la diversità genetica anche all’interno della singola specie.

Tra i ricercatori che hanno proposto l’agrobiodiversità ci sono Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando che hanno lavorato sull’adattamento delle colture cerealicole al cambiamento climatico in diverse parti del mondo partendo proprio dal seme: il testo da loro scritto “Seminare il futuro” a tal riguardo è molto istruttivo.

Il Prof. S. Ceccarelli (2° da destra) illustra i vantaggi dell’ agrobiodiversità per affrontare il caos climatico

Questi genetisti hanno evidenziato che il miglioramento genetico cosiddetto “istituzionale“, avendo come obiettivo un’agricoltura di tipo industriale, viene attuato presso i centri di selezione con varietà quanto più possibile uniformi creando un ambiente agronomico ottimale: una accurata preparazione del terreno e impiegando concimi e pesticidi di sintesi.  (2)

Queste pratiche agronomiche sono state estese a gran parte dell’agricoltura con elevati consumi di concimi e pesticidi di sintesi: la produzione di questi prodotti oltre ad essere altamente energivora ha comportato l’inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua.

Invece è necessario favorire la biodiversità e l’agrobiodiversità perché in questo modo si genera stabilità: questo effetto stabilizzante è “il risultato della media statistica tra specie che non variavano in modo sincrono nel corso del tempo, proprio come nei portafogli finanziari diversificati.”

(https://salvatorececcarelli.wordpress.com/2019/07/09/portafogli-vegetali/)

In un campo possiamo aumentare la biodiversità consociando due o più specie agrarie; invece per aumentare la diversità intraspecifica possiamo mescolare diverse varietà di una stessa specie nelle stesse proporzioni e poi scegliere le piante migliori che verranno seminate nell’anno successivo e via di seguito.

Questi due Autori hanno messo in pratica anche un altro metodo proposto nel 1956 negli USA: il miglioramento genetico evolutivo; questo metodo si attua creando popolazioni geneticamente eterogenee originate da incroci fra diverse varietà: questa prima parte viene realizzata nei centri di ricerca agraria; successivamente il seme ottenuto da questi incroci viene dato ai contadini che provvedono a coltivare e selezionare di anno in anno la popolazione che si evolve adattandosi alle condizioni pedoclimatiche della specifica località ed alla tecnica agronomica adottata dal contadino.

Nella stessa azienda, per gli incroci naturali e per la selezione naturale, la composizione genetica del seme raccolto è diversa da quella del seme che è stato seminato l’anno prima: “la popolazione si evolve adattandosi progressivamente all’ambiente in cui cresce (tipo e profondità del terreno, fertilità del suolo, pratiche agronomiche, precipitazioni, temperatura eccetera) motivo per cui si chiamano popolazioni evolutive” (3)

Tali metodologie sono convenienti per l’agricoltura calabrese caratterizzata da una notevole variabilità dei suoli; altri vantaggi sono costituiti dal risparmio economico e dalla possibilità di diffondere sul territorio varietà adatte ai diversi ambienti con maggiore rapidità rispetto al miglioramento genetico “istituzionale”

Su questi fondamenti scientifici, l’ARSAC nelle ultime due campagne granarie ha avviato nei propri centri sperimentali dei CSD di San Marco Argentano (CS), Sibari (CS) e Val Di Neto (KR) la coltivazione di due miscugli composti da frumenti di vecchie varietà, oggetto di prove sperimentali svolte tra gli anni 80-90 e conservate presso il CSD di San Marco Argentano. Di tali miscugli si valuteranno nei diversi ambienti le capacità produttive in termini quanti-qualitativi e soprattutto la capacità di adattamento all’ambiente di coltivazione.

 

Dott. Silvano Molfese Divulgatore Agricolo Arsac

Note

  1. Lewontin R. C. – 2010. Biologia come ideologia. Bollati Boringhieri, 54
  2. Ceccarelli S, Grando S. , 2019. – Seminare il futuro. Giunti Slow Food Editore, 102
  3. Ibidem, 183

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Publicato da Arsac Ufficio Marketing Territoriale

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