Punti di debolezza strutturali dell’agricoltura italiana

Costi di produzione nel settore agroalimentare – IL CASO DELLE PRODUZIONI OLIVICOLE

 La globalizzazione, la moderna tecnologia conservativa, le variazioni sociali ed economiche derivanti dai nuovi sistemi di comunicazione e soprattutto  l’efficienza, la rapidità e l’economicità dei trasporti hanno radicalmente trasformato i mercati, i sistemi di scambio, i consumi. Dette variazioni epocali valgono in termini generali e si esaltano nello specifico dei prodotti agricoli. Oggi le produzioni realizzate nelle aree più depresse del mondo possono essere facilmente, velocemente ed economicamente trasportate e vendute nelle aree economicamente forti del pianeta. In detto contesto, per il settore agro-alimentare  é assolutamente antieconomico produrre (commodity e prodotti grezzi) in occidente. I maggiori costi per la manodopera, le stringenti norme sulla sicurezza, il peso del costo energetico sono tutti elementi importanti che avvantaggiano le produzioni dei “paesi emergenti” e determinano un incolmabile divario di competitività con le produzioni “occidentali”. Nella specifica realtà del settore agricolo italiano, ai suddetti elementi va aggiunta la grande incidenza del costo inerente il capitale fondiario. Basti considerare che l’Italia, data la rilevante incidenza del territorio montuoso e collinare  – che occupa oltre il 75% del territorio nazionale -, parte già svantaggiata  rispetto ai principali competitor europei.  Francia, Spagna  ma anche  Germania, Polonia etc  hanno grandi disponibilità di territori pianeggianti, sia in termini assoluti che in rapporto alla superficie complessiva, ottimamente coltivabili e meccanizzabili.

Si aggiunga che in Italia la superficie pianeggiante del territorio nazionale – circa il 23% – non è tutta ad utilizzo agricolo. Infatti, le superfici con destinazione urbanistico/abitativa, le superfici occupate delle infrastrutture di collegamento  – viario, ferroviario ed aereo -, le superfici interessate dagli investimenti industriali e da ultimo anche i consistenti investimenti in aree destinate alla produzione energetica da fotovoltaico,  finiscono con l’erodere ulteriormente la già bassa disponibilità di superficie agricola utilizzata e quindi determinano un ulteriore aumento dei costi nel settore agroalimentare.

Per il rapporto tra i costi di produzione è molto interessante e significativo uno studio recentemente pubblicato da “Teatro Naturale -agricoltura – alimentazione – ambiente ” in riferimento alla produzione olivicola con sistema tradizionale.

Nel raffronto dei costi delle produzioni olivicole in terreni irrigui sul mercato internazionale si parte dai bassissimi costi delle produzioni turche 1,26 euro/kg  e marocchine 1,85 euro/kg assolutamente inferiori rispetto  ai 3,7 euro/kg dei costi di produzione italiana registrati nelle stesse condizioni. Lo stesso raffronto nel caso di produzioni in assenza di irrigazione su pendii moderati o in pianura, il costo di produzione medio è di 2,86 euro/kg che pone l’Italia fuori mercato (4,01 euro/kg), mentre competitivi rimangono Spagna (2,71 euro/kg) e Grecia (2,34 euro/kg). Dal punto di vista puramente economico, però, l’olio extra vergine d’oliva converrebbe comprarlo in Turchia (1,54 euro/kg), Marocco (1,87 euro/kg), Portogallo a 2,06 euro/kg e Tunisia (2,22 euro/kg). In conclusione possiamo affermare senza tema di smentita che, a parità di organizzazione produttiva e di qualità del prodotto, l’incidenza dei costi nell’agricoltura italiana è di molto superiore a quella del resto d’Europa ed addirittura fuori scala rispetto a quella dei paesi extraeuropei.

 

Dr Domenico Solano 

Responsabile Centro Divulgazione Agricola Ce.D.A. 19 – Palmi (RC) – tel. 0966.21926

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Pubblicato da Arsac Ufficio Marketing Territoriale

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