Il cardo selvatico: caratteri biometrici e produttivi – ARSAC CSD Val di Neto

L’Italia ha posto ormai da tempo lo sviluppo delle fonti rinnovabili tra le priorità delle sua politica energetica.  Inoltre in virtù di quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CEE sulla politica agro energetica è stata incentivata la Green Economy,  quale modello di sviluppo sostenibile, per cercare di trovare possibili risposte alla fase economica recessiva e per creare nuove opportunità di lavoro.

Tra le filiere colturali produttive degne di interesse risalta la coltura del cardo selvatico (Cynara Cardunculus) perchè la sua coltivazione e diffusione evidenzia aspetti di multifunzionalità. Infatti negli ambienti testati, areali marginali e/o con bassa suscettività agraria, la coltura del cardo oltre che consentire un utilizzo produttivo di detti terreni, assicura una adeguata copertura e quindi protezione del suolo durante i periodi piovosi, contrastando efficacemente i fenomeni erosivi come evidenziato negli ambienti collinari del Crotonese. La coltura oltre che all’impiego per produrre biomassa – lignocellulosica a scopo agro-energetico primario, trova anche interesse per la produzione di pasta di cellulosa.

La specie appartiene alla famiglia delle Asteraceae, una robusta specie emi criptofita, pianta erbacea perenne che affida la propria riproduzione, oltre che agli acheni, a specifiche gemme poste a livello della superficie del terreno, portate sulla formazione basale del fusto e sui rizomi. L’asse della piante è eretto, ramificato, robusto, striato in senso longitudinale e fornito di foglie alterne con altezza variabile da 40 fino a 250 cm. . Le ramificazioni dell’asse fiorale portano, in posizione terminale, le infiorescenze. I fiori, ermafroditi, tubulosi, caratteristici delle Asteraceae, sono riuniti in una infiorescenza a capolino detta anche calatide che a completa maturità raggiunge anche oltre 8 cm di diametro, si presentano di colore violetto-azzurro con tonalità variabili, anche se possono essere riscontrati mutanti di colore bianco. Il frutto è un achenio tetragono-costato, di colore grigiastro scuro e screziato che unito al calice trasformato in pappo ne favorisce la disseminazione. Il Cynara Carduculus si caratterizza per la presenza di un apparato radicale molto sviluppato che in fase di impianto si avvantaggia di un adeguato apporto di nutrienti, oltre che ad una appropriata lavorazione del terreno da eseguire preferibilmente con aratro discissore, seguita da un adeguata preparazione del letto di semina. Ciò per impedire il rimescolamento del profilo superficiale fertile del terreno, consentire l’approfondimento delle radici e limitare eventuali fenomeni erosivi nelle prime fasi di sviluppo della coltura. La specie privilegia suoli a Ph basici e si caratterizza per una spiccata adattabilità a tutti i tipi di terreni anche marginali purché non manifestino ristagni idrici. Il seme utilizzato proviene da genotipi locali spontanei raccolti e selezionati nell’areale del crotonese dove si riscontra una significativa presenza della pianta in particolare su alcuni areali marginali di collina.

La prova è stata finalizzata alla rilevazione dei caratteri biometrici e produttivi, i dati sono stati rilevati nel mese di Settembre 2019 su parcelle statisticamente significative di m.2 x m.2 ed hanno preso in considerazione la misurazione dei parametri di seguito riportati:

  • Numero dei capolini è di n° 90;
  • Altezza media della pianta metri m 2,30;
  • Peso complessivo delle piante Kg 19.9;
  • Peso complessivo del Capolino Intero è di Kg 3,5;
  • Peso dei pappi è di Kg 1;
  • Peso degli Acheni è di Kg 0,400;
  • Peso della Parte di Sostegno senza il capolino è di Kg 15.

Dall’analisi dei risultati, si evidenzia come la specie consente di ottenere significative produzioni di biomassa che portano a considerare la possibilità di un utilizzo ai fini agro-energetici e nell’immediato futuro consentono di intravvedere uno scenario dove possono essere avviati nuovi filoni di ricerca per studiare forme differenti di valorizzazione dei prodotti (seme e pappo ricco di cellulosa) che riescano a coniugare maggiore efficienza e remuneratività.

Larinus cynarae, femmina mentre scava la celletta per deporre l’uovo all’interno del capolino larva matura immersa nel ricettacolo e adulto neo formato.

Occorre inoltre evidenziare, in fase di coltivazione estensiva, alcuni fattori limitanti alla coltivazione. Sono stati infatti riscontrati attacchi parassitari dovuti ad un insetto appartenente alla famiglia dei coleotteri curculionidi del genere Larinus cynarae.

L’insetto risulta di difficile controllo fitosanitario perché poco raggiungibile nella parte della pianta dove si insedia (calatide).

Sono stati, inoltre, riscontrati gravi danni a carico dell’apparato radicale ad opera di arvicole, dovuti alle condizioni favorevoli dell’habitus vegetativo creato dalle piante che determinano l’inaccessibilità dei predatori antagonisti, con conseguente morte della pianta, perdita produttiva e danno economico.

 

 

 

Prova condotta nel CSD ARSAC Val Neto dal Dott. Salvatore Michele Macchione

 

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Pubblicato da Arsac Ufficio Marketing Territoriale

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