Scelte urgenti e necessarie per il futuro del cedro rituale in Calabria

I cambiamenti climatici e l’insostenibilità ambientale delle attuali tecniche di difesa antiparassitaria impongono scelte tecniche innovative non piu’ procrastinabili. 

L’autore con il Rabbino Lazar e due cedricoltori, anni ’90

Anche per la coltura del cedro rituale calabrese, da utilizzate nella festa di Sukkoth, è arrivato, come direbbe il Rabbino, il momento del “DUNQUE”. Dopo centinaia di anni di coltivazione con metodi tradizionali e alcune utili sperimentazioni effettuate nell’ultimo trentennio, c’è bisogno di operare una svolta radicale. I cedricoltori hanno tutto il diritto di coltivare secondo le proprie necessità ma hanno anche il dovere di salvaguardare e custodire l’ambiente. Alcune riflessioni, che riguardano soprattutto le forme di allevamento obsolete, si sono fatte piu’ urgenti a seguito della gelata (gennaio 2017) che ha compromesso moltissime piante di cedro. Altre riflessioni, altrettanto importanti, riguardanti l’aumento dei costi di produzione, l’insostenibilità ambientale della coltura dovuta ai ripetuti trattamenti antiparassitari effettuati per ottenere il frutto “perfetto”, le errate tecniche di difesa antiparassitaria, le lavorazioni e le trasformazioni del prodotto, la commercializzazione ecc. vengono svolte da decenni senza poter registrare progressi significativi.

La responsabilità ecologica

Già tremila anni fa l’ebraismo si fece portatore del pensiero ecologista istituendo lo Shabbat, la festa del riposo, una specie di “fermo biologico”, una interruzione del ciclo lavorativo settimanale finalizzato alla riflessione sulla necessità di vivere in armonia con la natura. Trattandosi del “frutto sacro” per eccellenza nella religione ebraica occorrerebbe, con onestà intellettuale, affermare che nello spirito della creazione ci si aspettava che tale coltura fosse tutelata e custodita con saggezza e amore, anziché essere manipolata in una  mera ottica di sfruttamento a fini economici operando un discutibile “pervertimento ontologico”. Il “dominio” da parte dell’uomo sul creato non può essere disgiunto, così come si parla nelle Scritture, da un suo preciso impegno a rispettare e tutelare tutta la natura e l’ambiente specifico delle coltivazioni (agroecosistemi) come realtà ad esso affidate. A prescindere da queste brevi considerazioni sulle varie interpretazioni bibliche, garantire agli ebrei osservanti l’approvvigionamento del “frutto sacro”, da utilizzare nella Festa di Sukkoth, oltre che una necessità (salvaguardia della biodiversità) è diventato, in questi anni, un compito storico e culturale a cui come calabresi non possiamo né dobbiamo sottrarci. Se si vuole aumentare la superficie investita, migliorare la produzione, andare incontro alle numerose richieste delle comunità ebraiche occorre, a mio avviso, mettere in atto, nel piu’ breve tempo possibile, alcune azioni. 

Proposte per il futuro

Abbandonando queste brevi riflessioni di carattere etico, che pur servono a progettare uno sviluppo sostenibile della cedricoltura in Calabria, riassumo di seguito le azioni che ritengo opportune e non piu’ rinviabili:

  • elaborare una carta della vocazionalità cedricola del Tirreno Cosentino in modo da individuare le aree piu’ favorevoli, dal punto di vista agro-pedologico, per la produzione di frutti di cedro provenienti da talee autoradicate e approfondire le conoscenze sui principali caratteri presenti nei suoli che impediscono la crescita e lo sviluppo ottimale di questa pianta. Una volta redatto questo indispensabile strumento tecnico, si spera frutto di impostazioni progettuali di tipo multidisciplinare, le amministrazioni comunali dovrebbero, attraverso un’analisi del quadro normativo esistente, individuare e proporre delle norme tecniche di tutela e di salvaguardia delle aree cedricole da inserire negli strumenti urbanistici comunali;
  •  aggiornare il catasto cedricolo in modo da conoscere esattamente quanti ettari della superficie è stata investita a cedro da talea auto radicata, da destinarsi al cedro rituale, e quanti ettari invece sono stati investiti a cedro innestato destinato ad altri utilizzi. Tale catasto potrebbe essere utile per studiare le caratteristiche delle proprietà nell’ipotesi di creare rete tra gli stessi cedricoltori e poter divulgare, tramite internet, le consulenze, gli acquisti, le campagne promozionali e gli appuntamenti tecnici e  culturali;
  • coltivare il cedro sotto serra L’idea di coltivare il cedro rituale sotto serra fu avanzata, a seguito di un colloquio privato che ho avuto con i Proff. Ermenegildo Tremblay (Università di Napoli) e Luciano Suss (Università di Milano), in una pausa dei lavori del  XVIII° Congresso Nazionale Italiano di Entomologia che si tenne a Maratea dal 21 al 26 giugno 1998. I due noti scienziati, dopo aver loro esposto le principali problematiche della coltivazione del cedro rituale nell’Alto Tirreno cosentino, concordarono già allora che quella fosse, per tutta una serie di motivi che cercherò di riassumere, l’unica possibile alternativa alla coltivazione tradizionale. Dopo circa trent’anni, nonostante in vari convegni tale proposta sia stata piu’ volte avanzata senza fortuna, finalmente, grazie  ad un grande sforzo sinergico tra EF Solare Italia, (primo operatore italiano nel fotovoltaico), Lao e Sybaris Greenhouse (aziende agricole) e ad una preziosa attività si sperimentazione in campo che ha visto coinvolti agronomi e ricercatori dell’Università della Calabria, con il supporto della Netafim (azienda israeliana specializzata in irrigazione e fertirrigazione innovativa), si sono realizzati alcuni progetti di serre fotovoltaiche sotto le quali allevare il cedro ottenendo grandi risparmi economici, riducendo i costi di produzione grazie, soprattutto, all’ottimizzazione dei consumi idrici e all’aumento della produttività;
  • razionalizzare le tecniche di difesa antiparassitaria Nonostante sin dai primi anni novanta, noi dell’ESAC (Ente di Sviluppo Agricolo della Calabria), abbiamo iniziato ad applicare, nell’agroecosistema cedreto, tecniche di difesa integrata, nel lungo periodo i risultati ottenuti non sono stati sufficienti, causa la scarsa collaborazione dei cedricoltori, restii ad abbandonare i ripetuti trattamenti a calendario (motivati dal timore di perdere parte del prodotto). Oggi vediamo nella proposta di coltivazione sotto serra, insieme alle tecniche agronomiche già messe in atto dalle aziende citate (monitoraggio costante delle fasi fenologiche delle piante, tempestività degli interventi colturali in sinergia con la produzione di energia rinnovabile da fonte fotovoltaica, riduzione dei consumi idrici, controllo degli effetti del clima, gestione da remoto, ossia tramite computers, delle fasi fenologiche delle coltivazioni) una grande opportunità per introdurre gradualmente tecniche di difesa integrata e biologica. Con l’allevamento sotto copertura i vantaggi sarebbero notevoli. Innanzitutto la pianta potrebbe assecondare il proprio naturale sviluppo, producendo di piu’ e mantenendosi sana in modo da opporre maggiore resistenza agli attacchi di entomi e crittogame. Sarebbe possibile operare con tecniche di difesa biologica utilizzando parassitoidi e predatori cosi’ come si fa in Israele;
  • sistemi di allevamento innovativi Le attuali forme di allevamento costringono le piante in giovane età ad essere sottoposte a torsioni dei rami, con gravi conseguenze sulla fisiologia delle stesse dovute allo schiacciamento dei vasi linfatici con riduzione della produzione. Inoltre, le coperture in cannicciate o con reti ombreggianti privano il frutto dell’azione benefica della luce per mesi, facendo aumentare le infestazioni di parassiti anche per la ridotta aereazione. L’impossibilità di effettuare la meccanizzazione delle principali lavorazioni (scerbatura, potatura, trattamenti,  raccolta) rende molto costosa la coltivazione sia per i tempi di lavoro che per la manodopera necessaria. Sotto serra, invece, oltre a poter sperimentare forme di allevamento innovative, alcune delle quali già adottate da privati a seguito di una lunga attività di sperimentazione svolta dall’ARSAC presso la Coop Tuvcat di Santa Maria del Cedro, si potrà ottenere una maggiore stabilità lavorativa, fattore umano non secondario in questi anni di dura recessione economica.

di Angelo Pagliaro

Responsabile Ce.D.A. N°1 ARSAC Paola (CS)

e.mail angelopagliaro@hotmail.com

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Pubblicato da Arsac Ufficio Marketing Territoriale

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