I Centri di Divulgazione Agricola ARSAC di Locri e Caulonia (in particolare i Dr. Maione, Dr. Zavaglia e la Dr.ssa Leto) nell’ambito della loro attività di assistenza tecnica ad olivicoltori della zona si sono interessati da oltre un triennio ad infestazioni sempre più numerose di questo fitofago. Riportiamo i primi interessanti risultati delle osservazioni e delle indagini condotte in merito svolte in collaborazione con Istituzioni scientifiche regionali e nazionali.

INTRODUZIONE

L’oliveto è uno degli agroecosistemi mediterranei più indagati e meglio conosciuti soprattutto riguardo agli aspetti biologici ed etologici delle principali specie fitofaghe ed entomofaghe in esso presenti, nonché ai reciproci rapporti biocenotici che esse instaurano e dai quali dipendono gli equilibri biologici del sistema stesso. I fitofagi potenzialmente dannosi all’olivo sono alcune decine, in prevalenza appartenenti alla classe degli insetti, ma solo pochi sono realmente dannosi (Longo, 2002), a fronte di questi operano centinaia di antagonisti naturali che agiscono, in maniera più o meno diretta, sulle dinamiche di popolazione. Talvolta le interazioni con elementi e/o condizioni abiotiche atipiche, o l’ingresso di entità biotiche esterne allo specifico agroecosistema, può determinare il mutamento del delicato equilibrio tra fitofagi ed antagonisti, tale da determinarne una incontrollata crescita demografica.

Il tripide dell’olivo, è presente in tutto il bacino del mediterraneo ed in alcune regioni dell’Africa ed è considerato un fitofago secondario. Segnalazioni di infestazioni di tripidi su olivo risalgono al 1834, in provincia di Lucca nel comune di Pietrasanta (Passerini), in Sicilia nel 1844 (Romano).

Le popolazioni entomatiche, tra cui quella del tripide, con il succedersi delle generazioni sono soggette a variazioni di densità, che vengono dette fluttuazioni. Molteplici sono i fattori che regolano l’andamento delle fluttuazioni e quindi la densità di popolazione, essi possono essere individuati dall’azione dei fattori limitanti biotici (antagonisti naturali, competizione intraspecifica, pratiche agronomiche) e abiotici (climatici, edafici). Quando, detti fattori, non riescono a contenere il potenziale riproduttivo del fitofago, i livelli di popolazione possono provocare notevoli danni alla coltivazione.

Da oltre un triennio, nel comprensorio olivicolo della locride, si sta assistendo al proliferare di numerosi focolai di Liothrips Oleae (Costa), comunemente noto come tripide dell’olivo. Significativi, sono i livelli di popolazione del fitofago, che stanno interessando gli oliveti specializzati e non, sia lungo la fascia costiera che nelle aree interne.

Nel corso del 2017, la specie è stata segnalata in diversi areali in Calabria, nelle provincie di Catanzaro, Crotone (Santilli e Vizzarri, 2017), (Marullo e Vono 2017). L’allarme e le preoccupazioni degli olivicoltori hanno portato anche all’istituzione di un tavolo tecnico sull’olivicoltura calabrese, presso il Dipartimento Agricoltura e Risorse Agroalimentari, della Regione Calabria.

 

GENERALITÀ E NOTE DI BIOLOGIA

L’insetto appartiene all’ordine dei Tisanotteri, sottordine Tubuliferi (femmine prive di ovipositore, depongono le uova lungo la nervatura centrale della pagina inferiore delle foglie).

Apparato boccale: pungente succhiante asimmetrico.

Adulto: 2,5-3 mm di lunghezza, corpo di colore nero brillante e ali frangiante (fig. 1 e 2).

Figura 1: adulto di Tripide dell’olivo
Figura 2: adulto di Tripide su foglie

neanide: 1,5-2 mm di lunghezza, corpo di colore beige con zampe e appendici di colore nero.

Numero di generazioni annue: 3-4 da inizio primavera all’autunno, in estate, ha una fase di riposo dovuta alle alte temperature.

longevità: fino a 4-5 mesi

Fecondità: circa 200 uova/femmina, è frequente la partenogenesi.

Alimentazione: fitofago avido di succhi vegetali, vive a carico di: germogli, foglie, fiori, frutti.

fattori climatici: valori medi ottimali per lo sviluppo UR 55-65%, T 20-28 °C; Valori di T sopra 33° C sono limitanti.

Danni: giovani germogli, foglie, fiori e drupe. Possibile la trasmissione di virosi.

Etologia:  adulto sverna nelle screpolature della corteccia, nei tubercoli della rogna dell’olivo, nelle gallerie dei scolitidi. La sua attività inizia in primavera (generalmente in aprile) con l’accoppiamento. Le preninfe e le ninfe e vivono nello strato più superficiale del terreno o nei residui vegetali (Marullo e Vono 2017).

Fattori di contenimento biotici: è predato da diversi Antocoridi tra cui Anthocoris nemoralis F. e Ectemnus reduvinus H.S. Una buona azione di parassitizzazione è svolta dall’imenottero Calcidoideo Tetrastichus gentilei Del Guercio.

 

AGROECOSISTEMA OLIVETO

L. oleae fa parte dell’agroecosistema oliveto in cui convivono una ricca rappresentanza di insetti e acari fitofagi, oltre a microorganismi quali funghi, batteri virus, micoplasmi, ed altri parassiti di minore interesse fitoiatrico come nematodi, molluschi e roditori. A questi fitofagi si associano numerosi consumatori secondari e terziari come: entomofagi, entomoparassiti, simbionti, commensali, saprofagi, etc., che concorrono, ciascuno con un proprio ruolo funzionale, a rendere alquanto eterogenea la componente biotica dell’agro-ecosistema considerato. Le diversificate interrelazioni tra le diverse specie animali sono anche favorite dalla matrice colturale, sempreverde, sulla quale i diversi fitofagi possono pullulare in modo pressoché continuo durante tutto l’arco dell’anno. Le interazioni naturali tra le diverse componenti determinano un sostanziale equilibrio tra le specie, che si traduce, nei sistemi più stabili, in una possibile convivenza tra pianta produttive e parassiti, senza la necessità di interventi chimici di controllo da parte dell’uomo.

Negli ultimi anni i mutamenti climatici hanno comportato un aumento delle temperature medie, dell’umidità relativa e un’alterazione del regime delle precipitazioni annuali.

Le modificazioni climatiche hanno indubbiamente influito sulla biocenosi dell’agroecosistema oliveto, favorendo, alcuni fitofagi e la proliferazione di numerose patologie fungine come: Occhio di pavone, Spilocaea oleagina (Cast.) Hugh; Cercosporiosi o piombatura, Mycocentrospora cladosporioides; Rogna o tubercolosi, Pseudomonas syringae pv. Savastanoi; Lebbra, Colletotrichum gloesporioides (Penzig).

 

OSSERVAZIONI SULL’INFESTAZIONE E DANNI

Le prime infestazioni significative si sono manifestate nella primavera del 2014 in oliveti specializzati e tradizionali della fascia ionica reggina, sia nelle aree litoranee che in quelle collinari e pedemontane, in particolare sono state evidenziate presenze massicce del parassita nei Comuni di: Locri, S. Ilario, Gerace, Portigliola, per poi estendersi a nord, fino al comprensorio della Vallata dello Stilaro.

Le osservazioni, effettuate nel corso del triennio hanno evidenziato i seguenti fattori che influenzano le infestazioni di L. oleae negli oliveti:

Figura 3: Danni di tripide su drupe

Danni, risultano attaccati tutti gli organi verdi della pianta (foglie, giovani germogli, peduncoli), fiori e frutti. Il danno diretto è determinato dalle punture trofiche prodotte sia dagli adulti che dalle forme giovanili. Ad un primo esame macroscopico, il danno si manifesta sulla superficie degli organi colpiti con delle tacche trofiche, generalmente di forma semicircolare e di dimensioni ridotte (fig. 3). Le foglie e i germogli presentano inoltre deformazioni, crescita stentata e talvolta deperimento, il loro mancato sviluppo si ripercuote sul potenziale produttivo dell’anno seguente (fig. 4).

 

Figura 4: Danni da Tripide su giovani germogli e su foglie di Olivo

I frutti danneggiati dal tripide possono permanere sulla pianta anche fino alla raccolta ma il danno è comunque evidente sia in termini quantitativi che qualitativi (fig. 5, 7).

Figura 5: Frutti che rimangono sulla pianta fino a maturazione

In alcuni casi l’area danneggiata, è soggetta ad un processo infettivo secondario, causato da microorganismi da ferita, inoculati dallo stesso tripide o altri fitofagi. L’infezione causa la mancata suberificazione dei tessuti superficiali e la rapida comparsa di macchie necrotiche di colore scuro che partendo dalle ferite prodotte dal tripide, via via tendono ad ingrandirsi fino ad interessare l’intera superficie della drupa. I frutti colpiti smettono di crescere e possono cascolare precocemente o restare attaccati al peduncolo per un periodo più o meno lungo. E’ stato, osservato, che in annate con decorso particolarmente umido e piovoso, vedi l’annata olivicola 2016/2017, l’interazione di fitofagi, quali il tripide, con funghi parassiti e saprofitari, possono determinare in alcuni casi, la totale compromissione della produzione (fig. 6).

Figura 6: Evoluzione dei danni sulle drupe

Al fine di identificare gli agenti causali del quadro sintomatico sopra descritto, nel periodo di giugno-luglio del 2017, nei comuni di Locri e Gerace, in diverse fasce altimetriche sono stati prelevati dei campioni di drupe da sottoporre ad analisi di laboratorio. L’indagine è stata effettuata dal Laboratorio Fitopatologioco del Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura Basile Caramia di Locorotondo (Ba). L’esito ha rilevato la presenza di funghi saprofiti e non, maggiori dettagli saranno forniti in una nota specifica (fig. 8).

Figura 7: Danni su foglie e su drupe, a destra quelli del Tripide, a sinistra quelli degli agenti fungini

 

STRATEGIE DI CONTROLLO

Come evidenziato, la presenza di L. Oleae nell’oliveto, entro i limiti definiti dalle cosiddette soglie di tolleranza, non desta particolare preoccupazione, del tutto diversa la situazione qualora dette soglie risultino superate. A tal proposito, vista l’estrema eterogeneità dei territori olivicoli calabresi e la differente suscettibilità manifestata dalle diverse cultivar, di fondamentale importanza, per l’impostazione e l’avvio di un razionale programma di difesa, risulta essere un capillare monitoraggio in campo, in grado di rilevare zona per zona la presenza del parassita, la densità di popolazione e di conseguenza il danno potenziale. Le premesse per la realizzazione di interventi di controllo efficaci, razionali ed ecocompatibili, fanno capo ai concetti di difesa integrata ed al raggiungimento delle soglie economiche d’intervento che per il tripide sono il 10% dei germogli attaccati e n. 5 tripidi (adulti e neanidi)/mq utilizzando il metodo del frappage (Vademecum informativo Tripide Olivo, Regione Calabria, Servizio Fitosanitario Regionale, 2017).

Nei confronti del tripide dell’olivo, le pratiche agronomiche, giocano un ruolo molto importante nel suo controllo e diffusione. La potatura dell’olivo consente ai fattori ambientali come la luce solare e agli eventi meteorologici (pioggia, vento, ecc.) di penetrare all’interno della pianta creando un microclima ostile al fitofago (Tremblay, 1981). La gestione del suolo, sembra influire sulla mortalità di preninfe e ninfe che vivono nello strato più superficiale del terreno o nei residui vegetali (Marullo e Vono, 2017)

Nei regimi di agricoltura biologica strategie di controllo con l’utilizzo prodotti a base di piretro o piretrine naturali (eseguire i trattamenti nelle ore più fresche, sostanze fotosensibili), ossicloruro di rame ed olii bianchi, hanno un’azione limitante nei confronti del tripide dell’olivo.

Figura 8: corpo fruttifero di agente fungino isolato da drupe infette

 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Quando la popolazione di un insetto fitofago, considerato secondario, va incontro a forti infestazioni, sono insufficienti i fattori di eco-resistenza (assenza di efficaci fattori biotici e abiotici di contenimento), ciò permette il raggiungimento di elevate densità di popolazioni con conseguenti danni economici.

Le osservazioni hanno evidenziato, che attualmente, in alcune realtà locali, la biocenosi dell’oliveto non è in grado di contrastare il potenziale biotico del tripide, è necessario, pertanto, un accurato monitoraggio nelle aree olivetate colpite. Promuovendo programmi di lotta biologica basati sul potenziamento sull’impiego di antagonisti naturali finalizzati al contenimento della popolazione del fitomizo al di sotto delle soglie di danno e l’utilizzo di razionali e moderne tecniche colturali.

Bisogna essere consapevoli che l’oliveto è un agroecosistema che, a differenza di altre realtà produttive, può e deve essere gestito con soluzioni che limitano drasticamente gli interventi fitosanitari senza condizionare le esigenze economiche del produttore, dei mercati e quindi del consumatore.

RINGRAZIAMENTI

Gli Autori ringraziano Antonio Garreffa per la preziosa collaborazione fornita durante il periodo del monitoraggio.

error: Contenuto protetto