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Arsac: il Compost oggi, benefici e criticità

Premessa

L’obiettivo di questo breve lavoro è quello di supportare gli amministratori degli enti locali nella scelta, in fase di programmazione, del processo più adeguato per ottenere un “Compost” che possa essere utilizzato in agricoltura in modo tale da recare all’azienda agricola solo benefici.

Bisogna considerare che fino a quando, nei servizi di cosiddetta igiene urbana, verrà considerato esclusivamente l’aspetto sanitario, il cui obiettivo è lo smaltimento del rifiuto nell’ambito domestico senza alcun riguardo alle esigenze dei successivi trattamenti e l ’eterogeneità del flusso dei rifiuti organici si manterrà tale, non si potrà attuare una programmazione che tenga in considerazione oltre che la quantità anche la qualità dei rifiuti da conferire ad ogni singolo sito di trasformazione.

Di fatto Il compost prodotto in questo scenario, pur rispettando i requisiti della legge 75/2010 sugli ammendanti, non tiene conto dei requisiti agronomici di qualità, di conseguenza il suo apporto al terreno agricolo potrà tradursi in un progressivo inquinamento dello stesso, con ripercussioni negative, sia da un punto di vista ambientale sia da un punto di vista economico.

Stato attuale del suolo agricolo

Le aziende agricole soprattutto nel Meridione d’Italia soffrono di una perdita di ricchezza del loro capitale più importante: il terreno.

I suoli coltivati del sud hanno infatti una scarsa dotazione di sostanza organica, le cause vengono ricondotte alla natura  del clima Mediterraneo e allo sfruttamento intensivo protratto per molti decenni che ha determinato importanti fenomeni di compattazione ed erosione del suolo.

La penuria d’acqua delle regioni meridionali sta da qualche anno accelerando il processo di desertificazione dei suoli, l’unico modo per ovviare in parte, ad un problema climatico che sta assumendo proporzioni catastrofiche è quello di ripristinare la fertilità del terreno  per aumentare la capacità di trattenuta dell’acqua piovana ed irrigua. Molti terreni inoltre hanno una tessitura di tipo sabbiosa, questo comporta intrinsecamente una struttura  deficitaria, di conseguenza una minore trattenuta dell’acqua.

La perdita costante ed inesorabile di fertilità del suolo porterà tra qualche decennio, forse meno, i terreni a non produrre, o ad avere una tale riduzione delle rese colturali, per cui non sarà più conveniente coltivare.

Il fenomeno viene studiato da decenni, e nel tempo l ‘Unione Europea ha finanziato diverse misure, come la non coltivazione dei suoli destinati a seminativi e la riduzione del numero di lavorazioni, studiate per contrastare  questo fenomeno, questi accorgimenti sono volti a ridurre la velocità del deterioramento del suolo, ma la cura decisiva è quella di ripristinare, anche solo in parte, lo strato di terreno ricco di microrganismi.

Microrganismi che sono i responsabili di tutti i processi biochimici che consentono alla microflora e microfauna di reinsediarsi per perpetuare il lavoro ciclico di trasformazione della materia organica.

Per comprendere meglio la dimensione del problema è utile ricordare che nel suolo è rappresentata oltre il 95% della biodiversità dell’intero pianeta, e ciò che accade nel sistema edafico si ripercuote necessariamente nella biosfera di superficie

La Commissione Europea nella definizione della strategia tematica per la protezione del suolo ha individuato otto punti di vulnerabilità:

  •  Erosione
  • Diminuzione della sostanza organica
  •  Contaminazione locale e diffusa
  • Consumo di suolo ed impermeabilizzazione
  • Compattazione
  • Diminuzione della biodiversità
  • Salinizzazione
  • Inondazioni e smottamenti.

Si   può   affermare   che  agendo   solo   sull’aumento   della   sostanza   organica   si ridurrebbero buona parte delle altre vulnerabilità, escluse ovviamente il consumo di suolo e le inondazioni, che hanno percorsi risolutivi più sistemici e sono legati direttamente alla governance del territorio.

Salvaguardare e migliorare

In Calabria è necessario porre in essere tutte  le condizioni favorevoli a mantenere ancora in vita lo scenario agro-ecosistemico così come è oggi, particolarmente rilevanti sono l’olivicoltura e la viticoltura nelle colline, marginali per il sistema economico, ma fondamentali per l’assetto idrogeologico. Questa realtà agricola, antieconomica, perché costituita da fazzoletti di terra quasi sempre declivi, rappresenta l’unica rete di salvataggio per evitare il disastro idrogeologico.

Occorre attivarsi per ripristinare la vitalità del sistema terreno.

Sopra sono state illustrate le ragioni per cui i terreni devono mantenere la fertilità, quindi rendere  relativamente vantaggioso curare anche piccoli appezzamenti collinari.

Compito degli enti territoriali è quello di salvaguardare e prevenire l’abbandono di aree strategiche da un punto di vista paesaggistico ed ambientale.

La strategia per contrastare la continua perdita di fertilità dei terreni prevede l’utilizzo di un massiccio utilizzo di compost, valido a ripristinare la struttura del terreno e utile a ridare quella bastevole vitalità per ricostituire il ciclo  della sostanza organica nei campi.

Diversificare le tipologie Compost

Sebbene Il compost sia vitale nella lotta contro il degrado del suolo, dobbiamo escludere categoricamente l’utilizzo di quello prodotto, oggi, nelle aziende di trasformazione. Il compost industriale infatti, pur rispondendo ai requisiti di legge sugli ammendanti, non ha nessuna capacità di ripristino delle condizioni di fertilità del terreno.

Nella progettazione di un sistema di compostaggio è imperativo assicurarsi che esista un   mercato   per   il   prodotto   finale,   mercato   che   necessita   di  prodotti   con caratteristiche diverse, in funzione delle condizioni del terreno da ammendare, tutto ciò non perdendo mai di vista la capacità di ripristino delle condizioni di fertilità, che come già indicato, rappresenta da sola una soluzione ai gravi problemi del suolo

La diversificazione del prodotto è ottenibile modificando a monte, secondo protocolli ben definiti, la quantità e la qualità del materiale mescolato ai rifiuti organici

Compostaggio industriale anaerobico e aerobico

Di seguito verrà fatta una disamina sulle caratteristiche del compost proveniente da compostaggio  anaerobico  e quello  aerobico,  così come viene  prodotto  nella  gran parte dei siti industriali.

Questa analisi non vuole essere una critica all’attività meritoria, seppure remunerata, delle aziende compostatrici che negli anni hanno risolto un problema della collettività sempre più pressante.

La tendenza  nel futuro, nel rispetto dei vincoli imposti dalla legge 152/2006, sarà quella di processare sempre maggiori quantità di sostanza organica spesso purtroppo non di qualità adeguata

Per ottenere un compost di qualità, le matrici organiche che arrivano in azienda, sia che questa processi in anaerobiosi, in aerobiosi o con un sistema misto, devono essere “pulite”.

L’organico conferito oggi, contiene spesso materiali non processabili come plastiche, metalli e vetri, impurità che rappresentano un costo per l’azienda, che deve effettuare un processo di ripulitura. Considerando inoltre che gli elementi di piccole dimensioni sfuggono  alla  filtratura  con  la  conseguenza  che  nel  prodotto   finale  troveremo impurità come le macro e microplastiche, materiali insidiosi per un naturale sviluppo dei microrganismi nel terreno agrario.

Il compost prodotto  attualmente nei siti industriali ha l’obiettivo principale di processare la sostanza organica proveniente dai centri abitati, gli scarti dell’industria agroalimentare, gli scarti legnosi delle operazioni di pulizia del verde urbano, i reflui zootecnici,  i fanghi provenienti dalla depurazione  e viene  classificato per la legge quadro su fertilizzanti ed ammendanti 75/2010 come ammendante compostato misto.

Un cenno deve essere dedicato alla circostanza, sempre più frequente,  dell’utilizzo dei fanghi da depurazione da acque reflue civili per la produzione dell’ammendante compostato misto.

Nel caso si utilizzino fanghi di depurazione di acque reflue civili previsti, sia dalla legge quadro 152/2006 per il recupero di elementi come N/P/K, sia dalla legge 75/2010 sugli ammendanti/fertilizzanti in agricoltura, l’utilizzo del compost risultante pone degli interrogativi  sulla sua distribuzione.  Certamente  i  parametri  degli elementi  quali metalli  pesanti  o valori microbiologici sono  sottosoglia  ma sappiamo,  che per  la natura della matrice organica originaria, non sono per niente trascurabili.

L’utilizzo dei fanghi, tal quali è regolamentato da una legge detta “specialis”  il  D.lgs 99/92, che permette lo spandimento dei fanghi, dopo un’ indagine accurata  sulla presenza di specifici elementi tossici es. metalli pesanti, toluene ed idrocarburi ed una autorizzazione che viene  seguita  da controlli puntuali sulla veridicità delle richieste per accertare che le aree soggette ad intervento non siano vulnerabili.

La produzione dei fanghi di depurazione da acque reflue civili è in aumento, con costi crescenti per i servizi.

Il trattamento e smaltimento dei fanghi prodotti dalla chiarificazione delle acque reflue  contribuisce attualmente fino al 50% dei costi di gestione degli impianti di depurazione. I fanghi possono anche essere riutilizzati nei cicli di produzione di laterizi, asfalti e calcestruzzi e quindi riciclati.

L’utilizzo così massiccio di fanghi in impianti di compostaggio non aiuta a lavorare sulla qualità del prodotto  finito rendendolo suscettibile ad ovvie perplessità sulle caratteristiche biochimiche del prodotto compost.

In ultima analisi le leggi del settore permettono come matrice, i fanghi di depurazione, le industrie di compostaggio sono molto interessate a questo mercato perché molto remunerativo ma si può a cuor leggero considerare il compost che abbia come matrice i fanghi non valido per l’agricoltura e sicuramente questo tipo di prodotto  non può essere considerato biologico.

Un’altra considerazione non trascurabile è la presenza di materiali plastici nel compost. Questi elementi che rappresentano la maggior quantità di materiali estranei presenti nell’umido sono oggetto di studio in tutti i settori del recupero materiali. Ma a preoccupare sono soprattutto le microplastiche cioè i frammenti di dimensioni inferiori ai 5mm che rappresentano la maggior quantità di materiale estraneo  nella linea della raccolta umido. Consideriamo la quantità di plastica che inevitabilmente va a finire nelle raccolte e le azioni di tipo meccanico, biochimico, a cui vengono sottoposte prima di arrivare all’azienda compostatrice.

Non è possibile eliminare le microplastiche che entrano per forza di cose nel processo di compostaggio. Ad oggi sappiamo che rappresentano un problema come per l’ambiente marino, dove sono state ampiamente studiate e già si conoscono gli effetti sulla catena alimentare dell’habitat acquatico. E’ possibile affermare, senza fare allarmismo, che le microplastiche  diverranno un problema anche per il sistema terrestre.

Si deve lavorare per evitare questo danno ai suoli.

Compostaggio Anaerobico

Digestione anaerobica  essendo  finalizzata al recupero  ai fini energetici del biogas, rientra tra le attività di recupero energetico e non di compostaggio; infatti la frazione semisolida che deriva dalla digestione anaerobica viene considerata un rifiuto e può essere fatta rientrare tra le forme di recupero di materia solo previo compostaggio aerobico detta  fase di  finissaggio aerobico, sia pure di secondo livello e come tale secondaria e subordinata rispetto al compostaggio aerobico.

La digestione anaerobia può avvenire soltanto a carico di matrici organiche di elevata qualità selezionate alla fonte, i processi avvengono in un digestore in completa assenza d’aria in due fasi con batteri anaerobiotici di tipo mesofilo e termofilo che agiscono a temperature che vanno da i 20° ai 52° C. Il tempo del processo è di 20-30 giorni.  Il digestato  è classificato dalla direttiva 75/442:  rifiuto speciale; quindi un impianto di digestione anaerobica che non preveda una fase di compostaggio deve essere  considerato  un  impianto  di  recupero  energetico  e  ritenuto  un  CSS  cioè impianto per la produzione di Combustibile Solido Secondario.

Le aziende che trasformano in anaerobiosi si devono dotare o appoggiare a terzi, di un impianto di compostaggio aerobico altrimenti sarebbero  costrette  a smaltire il digestato come rifiuto speciale con costi anche abbastanza elevati; inoltre per il processo di digestione in anossia si usa una quantità d’acqua variabile a seconda del tipo di digestore wet contenuto in solidi fino al 10%; dry contenuto in solidi > 20%.

Alla fine del processo il digestato deve essere separato dall’acqua e miscelato a una certa quantità di sostanza organica per fare attivare i processi biochimici a carico di batteri aerobi.

L’acqua deve essere depurata  ed anche il rientro in circolo delle acque reflue per un recupero potrebbe  essere non legale.

Le caratteristiche del digestato derivante dal trattamento anaerobico di rifiuti:

  • Relativamente stabile
  • Ad elevato tenore di umidità
  • Ad elevata concentrazione di azoto ammoniacale
  • Potenzialmente non igienizzato.

Opportunità  (Anaerobico)

Ricavi economici dalla vendita dell’energia prodotta – Interessante resa di produzione di biogas– Eventuale valorizzazione del calore mediante teleriscaldamento – Migliore sfruttamento degli spazi disponibili – Riduzione degli impatti olfattivi – Minore fabbisogno di strutturante ligno-cellullosico

Limiti (Anaerobico)

Costi di investimento mediamente elevati – Costi di gestione – Difficoltà tecniche di gestione degli scarti liquidi – Difficoltà a gestire la flora batterica caratterizzata da Clostridium botulini e tetani che permangono nella massa del digestato.

Compostaggio Aerobico

Uno dei presupposti fondamentali per attuare  un efficiente programma di compostaggio è quello di partire da una corretta combinazione degli ingredienti che formano il substrato organico di partenza.

A questo riguardo, due parametri risultano di particolare importanza: il contenuto di umidità ed il rapporto C/N della matrice destinata al processo. L’umidità è essenziale per tutti gli organismi viventi. Peraltro, gli agenti causali del compostaggio, i microorganismi, mancando generalmente di sofisticati meccanismi di ritenzione dell’umidità, sono particolarmente sensibili alla disidratazione. Al di sotto di un contenuto in acqua del substrato compreso tra il 35 ed il 40%, le reazioni microbiche di degradazione e trasformazione sono fortemente limitate. Con valori dell’umidità inferiori al 30% si ha, in pratica, l’arresto di qualsiasi attività. D’altra parte, un’umidità eccessivamente   elevata,   magari   associata   ad  una   insufficiente   aerazione   del substrato, rappresenta la causa più comune cui imputare gli odori molesti.

L’altro parametro è il rapporto carbonio su azoto o brevemente C/N.

Questo deve mantenersi tra 20 e 30 per essere  ottimale, ma in alcune condizioni anche  40 parti  di carbonio  possono  far lavorare  bene  il sistema.  Una quantità  di carbonio più alta rallenterebbe il processo con tempi lunghi e senza arrivare ad una massa di compost di alcuna qualità.

Una quantità inferiore a 20 determina un consumo totale del carbonio senza fissare l’azoto nelle molecole intermedie che si perde sotto forma ammoniacale e nitrosa e non stabilizza la massa.

Questa condizione comporta  sempre  la produzione di odori molesti a causa della mancanza di respirazione ad opera dei microrganismi deputati a degradare il carbonio contenuto  in cellulosa e lignina e che struttura  la massa permettendo una buona circolazione dell’ossigeno.

L’andamento ottimale del processo di compostaggio aerobico è dato dal mantenere costanti i due parametri sopra descritti con diverse azioni da attuare  e facendo lievitare i costi di gestione.

Opportunità  (Aerobico)

Si deve iniziare a precisare che l’unico compost che in questa breve disamina si considera tale è quello proveniente da compostaggio aerobico per i seguenti motivi:

1) La legge quadro del 2006, 152 che regola tutto il settore dei rifiuti recependo una serie di direttive comunitarie molto illuminanti sul recupero di risorse dai rifiuti, dice chiaramente che si devono prediligere le azioni che sono volte al recupero di materia rispetto a quelle del recupero di energia.

E’ stato ampiamente spiegato che il compostaggio anaerobico ha come obiettivo primario il recupero  di metano  e biossido di carbonio dalla degradazione delle molecole organiche. Il digestato che si ottiene viene considerato rifiuto speciale e come tale da destinare ad incenerimento o discarica. Solo nel caso che si faccia seguire il finissaggio aerobico, il prodotto viene considerato ammendante compostato misto.

La  necessità  di  avere  ambedue  i  processi  pone  due  criticità:  la  difficoltà  di controllare  le  matrici  usate  nel  primo  processo  che  essendo  questo  a  ciclo continuo necessita di un flusso di materiale difficilmente controllabile. Il prodotto finito per legge è comunque considerato ammendante compostato misto. Esistono sul mercato una serie di certificazioni di qualità sul compost che danno una serie  di garanzie  ed  affidabilità ma rimane  il  fatto  che l’unica  certezza  è conoscere le matrici da cui si ottiene il compost quindi:

2) L processo aerobico è più tracciabile e misurabile in termini di sostanze presenti nelle varie fasi della produzione.

3) La massa è igienizzata dalle fasi termofile del processo.

4) Maggiore  resa  in  sostanze  azotate  appetibili  prontamente dai  microrganismi quindi qualitativamente superiore al compost con prima fase anaerobica.

Limiti (Aerobico)

Grandi quantità di rifiuti organici producono odori molto sgradevoli.

Il compost prodotto oggi nelle aziende di trasformazione pur rispondendo ai vincoli di legge, non è un prodotto agronomicamente valido.

Problematiche di stoccaggio.

Conclusioni

La produzione del compost deve essere pianificata e gestita in funzione delle esigenze del territorio. L ’ARSAC  può prendere parte a questo processo in quanto ente di sviluppo agricolo e di tutela ambientale.

La frazione organica dei rifiuti solidi urbani può rappresentare una grande risorsa per il sistema produttivo agricolo calabrese. Per rendere il compost appetibile come ammendante del terreno esso deve essere prodotto avendo come riferimento le caratteristiche fisiche e chimiche del suolo agrario in cui verrà utilizzato.

Conoscere le caratteristiche del suolo e la sua vulnerabilità, oggi non rappresenta un problema; infatti l’ARSAC in questi anni ha studiato tramite il servizio tecnico SITAC quasi tutto il territorio calabrese ed è possibile ricavare per ogni area anche relativamente piccola, la sua tessitura, giacitura, pendenza, presenza di falde, vicinanza a corsi d’acqua, etc.

Informazioni utilissime per gli amministratori e tecnici degli ATO che devono redigere i piani di raccolta e destinazione ai siti di trasformazione.

La qualità del compost è determinata dalla matrice da cui deriva, dal suo grado di purezza (assenza di materiali estranei) e dall’opportuna miscelazione di materiali ricchi di carbonio e di azoto, inoltre è necessario che il processo di trasformazione avvenga nel più breve tempo possibile rispetto alla raccolta per non perdere parte di materia sotto forma di gas che, oltre a creare un danno ambientale, impoverisce il prodotto finale. Per ottenere questo obiettivo, i siti di compostaggio devono essere vicini ai Comuni in cui la raccolta viene effettuata.

E’ necessario promuovere il compostaggio di prossimità, come da indicazioni delle direttive dell’Unione Europea, incentivando il recupero della materia organica e l’utilizzo del compost nello stesso sito.

 

Dott.ssa Annunziata Mollica*

e.mail: annunziata.mollica@arsac.calabria.it

(*) Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC)

 

Il riciclo della frazione organica dei rifiuti solidi urbani per l’allevamento del lombrico

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Publicato da Arsac Ufficio Marketing Territoriale

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